mercoledì 25 marzo 2015

Le conseguenze sulla violazione dei requisiti previsti per la “formazione professionale” degli amministratori condominiali (Fonte www.condominioweb.com)

E' noto che l'articolo 71 bis delle Disp. Att. Cod. Civ. elenca i requisiti per poter ricoprire l'incarico di amministratore di condominio. Alcuni requisiti trattano l'onorabilità (a, b, c , d, e), altri gli aspetti formativi (f, g).
La dottrina ha ritenuto che il mancato possesso anche di uno solo dei requisiti enunciati dalla norma importi la nullità tout court del rapporto instaurato. In altri termini, il professionista privo di alcuno di tali “qualità” può subire un'azione giudiziale, da chiunque vi abbia interesse, volta a provocare la dichiarazione di nullità della nomina e/o della conferma, con obbligo di restituzione del compenso ricevuto.
La tesi, in termini assoluti, non convince: appare eccessivamente severa. Proviamo a metterla in discussione.
La parte finale del disposto in commento (art. 71 disp. att. Cc.) contiene una sanzione nel caso di perdita dei requisiti di onorabilità: vale a dire la cessazione dell'incarico, “In tale evenienza ciascun condomino può convocare senza formalità l'assemblea per la nomina del nuovo amministratore”.
Nulla viene, invece, riferito in punto di violazione dei requisiti previsti in termini di “formazione professionale”. Potrà significare qualcosa? Forse, approfondiamo.
Secondo gli articoli 1418, 1419 e 1339 c.c. il contratto è nullo quando è contrario a una norma imperativa.
La violazione di una norma imperativa non dà luogo necessariamente alla nullità del contratto, giacché l'articolo 1418, comma I, c,c., con l'inciso “salvo che la legge disponga diversamente”, esclude tale sanzione ove sia predisposto un meccanismo idoneo a realizzare ugualmente gli effetti voluti della norma (sul principio appena esposto, cfr, Cass. Civ. 03/5372; 87/6691).
Si è poi in presenza di una norma (imperativa) non formalmente perfetta, quando essa è priva della sanzione dell'invalidità (Cass. Civ. 21 agosto 1972, n. 2697).
In tema di nullità del contratto prevista dall'art. 1418 c.c. . la natura imperativa della norma violata deve essere quindi individuata in base all'interesse pubblico tutelato (Cass. Civ., 11256/2003).
“La dibattuta questione circa gli effetti della violazione di una norma imperativa in cui non sia espressamente comminata la sanzione della nullità del vincolo: è normale l'effetto dirimente, ma sempre quando la volontà della legge non possa indirizzare a conseguenze diverse”.(cfr, relazione nr 649 al Codice civile del 1942 all'articolo 1418 comma 1 c.c.).
Orbene, sappiamo – ed è l'unico punto fermo che possiamo trarre dalla fattispecie – che il Legislatore non ha inteso equiparare gli effetti della mancata presenza dei requisiti di onorabilità con quelli della formazione.
Sotto altro e diverso aspetto, non appare ragionevole e proporzionale equiparare, in quanto agli effetti e/o al disvalore da ascrivere alle singole violazioni in tema di requisiti “formazione”, la circostanza del mancato possesso di un diploma di scuola media superiore e/o dell'omesso possesso del certificato di formazione per l'esercizio della professione con la ipotesi della mancata certificazione dell'aggiornamento professionale.
In effetti, la prima delle posizione - con i dovuti accorgimenti - è comparabile a quella dell'esercizio di una professione ordinistica senza essere iscritto all'albo, da cui discende, per l'appunto, la sanzione della nullità del rapporto instaurato con il cliente (tra le tante, cfr, Cas. Civ. 00/5873; 06/17028).
Per contro, la verificazione della seconda fattispecie potrebbe importare al più una violazione di una norma deontologica (come avviene con le professioni ordinistiche) e/o, se vogliamo, del precetto di cui all'articolo 1176, comma II codice civile, a mente del quale: “Nell'adempimento delle obbligazione inerenti all'esercizio di un'attività professionale, al diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell'attività esercitata” (da relazionare, chiaramente, in ragione dell'art. 71 bis disp. att. C.c).
In quest'ultimo caso, la delibera di nomina e/o conferma di un amministratore di condomini sprovvisto di certificato di aggiornamento professionale sarebbe sempre invalida, ma in ragione di un vizio di annullabilità; impugnabile ai sensi dell'art. 1136 c.c. entro trenta gironi dall'adozione per i soli dissenzienti o astenuti, ovvero dalla comunicazione per gli assenti. Il rapporto di mandato tra condominio e amministratore, di contro, rimarrebbe valido, così scongiurandosi l'ipotesi di restituzione del compenso professionale.
In conclusione e secondo l'opinabile parere di chi scrive, la carenza di alcuno dei requisiti di onorabilità di cui all'art. 76 bis dosp. Att. C.c. all'atto della nomina dell'amministratore importa necessariamente la nullità dell'incarico. Allo stesso modo è possibile, in via estensiva, trarre le stesse conseguenze in caso di nomina di un amministratore privo della formazione iniziale e/o dell'esperienza professionale richiesta dalla legge. Viceversa, la nomina assembleare di un amministratore carente del solo requisito dell'aggiornamento professionale consterebbe della mera annullabilità della delibera.
D'altronde, lo stesso Sottosegretario alla Giustizia, in una trascorsa intervista giornalistica (del 03.03.15), ha diversificato, non a caso, i rimedi da esperire avverso le statuizioni di nomina e/o conferma degli amministratori di condomino in tema di violazione della “formazione professionale” tra quello di cui all'articolo 1136 e quello di cui agli 1418 e ss c.c.; almeno ciò significherà qualcosa…




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