venerdì 5 dicembre 2014

La responsabilità del nudo proprietario per gli abusi edilizi dell'usufruttuario. Realizzazione illegittima di una cisterna.

La fattispecie in esame è relativa alle responsabilità penali del nudo proprietario (figlia) per gli abusi edilizi realizzati dall'usufruttuario (padre); genitore che ha realizzato illegittimamente una cisterna interrata in un immobile dove la figlia non risiedeva.
Il delitto paesaggistico. Nel caso in esame è stato contestato il delitto ex art. 181, comma 1 e 1-bis, del D.Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), il quale dispone che “1 .Chiunque, senza la prescritta autorizzazione o in difformità di essa, esegue lavori di qualsiasi genere su beni paesaggistici è punito con le pene previste dall'articolo 44, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.
1-bis. La pena è della reclusione da uno a quattro anni qualora i lavori di cui al comma 1:
a) ricadano su immobili od aree che, per le loro caratteristiche paesaggistiche siano stati dichiarati di notevole interesse pubblico con apposito provvedimento emanato in epoca antecedente alla realizzazione dei lavori;
b) ricadano su immobili od aree tutelati per legge ai sensi dell'articolo 142 ed abbiano comportato un aumento dei manufatti superiore al trenta per cento della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento della medesima superiore a settecentocinquanta metri cubi, ovvero ancora abbiano comportato una nuova costruzione con una volumetria superiore ai mille metri cubi”.
Per costante giurisprudenza per la configurabilità della fattispecie in esame è sufficiente il c.d. dolo generico, ossia la volontà di realizzare il fatto descritto dalla norma incriminatrice, a prescindere, quindi, dallo scopo perseguito dal soggetto. 
Il giudizio di Appello. Nel giudizio di appello la Corte avrebbe ritenuto il nudo proprietario “corresponsabile dell'abuso contestato in base al criterio del cui prodest” (ossia, che il delitto l'ha commesso colui al quale esso giova) sostenendo l'esistenza di un concorso della ricorrente con il proprio padre, usufruttuario e autore materiale dell'intervento, sia perché la ricorrente era colei che aveva presentato domanda per la realizzazione della cisterna, sia perché era la figlia, attuale ricorrente, ad avere interesse, in quanto dell'abuso edilizio "paterno" ne avrebbe usufruito anche la stessa quando vi si sarebbe recata in vacanza (la ricorrente, infatti, è risultata risiedere, anche all'epoca del fatto, a Napoli, mentre l'immobile oggetto di intervento abusivo è sito a Panarea).
Le eccezioni del nudo proprietario. La sentenza di appello è stata impugnata, per quanto qui interessa, perché secondo il nudo proprietario “il proprietario estraneo può essere ritenuto responsabile a titolo di concorso, solo ove risulti un contributo soggettivo da valutare secondo le regole del concorso di persone; nel caso di specie, non risulterebbe alcun elemento concreto che consenta di attribuire alla ricorrente una corresponsabilità concorsuale, non essendo sufficiente la mera esistenza di un interesse ad edificare quale proprietario dell'area, dovendosi accertare se abbia la disponibilità della stessa o se abbia in qualche modo favorito la realizzazione dell'illecito (o se vi sia stata una sua presenza sul luogo, costante, o se abbia impartito disposizioni alle maestranze, o che abbia avuto conoscenzadell'assenza del titolo abilitativo o tenuto, in altri termini, comportamenti da cui sia desumibile una compartecipazione, anche solo morale, alla realizzazione dell'illecito), il tutto da valutarsi secondo le regole sul concorso di persone nel reato, non essendo sufficiente il mero richiamo all'art. 40, comma 2, c.p.”. Disposizione che prevede che “non impedire un evento, che si ha l'obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”.
Tale accertamento, peraltro, secondo la ricorrente dovrebbe tanto più valere nei rapporti tra nudo proprietario ed usufruttuario, essendo quest'ultimo il soggetto nella materiale disponibilità dell'immobile, titolare in quanto tale di un onere di controllo e di vigilanza; e ciò varrebbe, in particolare, anche per la violazione dell'art. 181, comma 1-bis, D. Igs. n. 42/2004, che impone ancora più rigorosamente la prova dell'elemento psicologico.
Il giudizio di legittimità. La Suprema Corte di Cassazione ha osservato come, da un lato, per la configurabilità del delitto in esame è sufficiente il dolo generico (Sez. 3, n. 48478 del 24/11/2011), ma, dall'altro lato, nel caso in esame occorresse “valutare la peculiare posizione del concorrente, proprietario non committente, costituito dal nudo proprietario, soprattutto in una fattispecie in cui quest'ultimo - come emerge pacificamente dalla stessa sentenza impugnata - non risultava risiedere nello stesso luogo di consumazione dell'illecito”.
La Corte, ha quindi, dichiarato che il nudo proprietario non avesse l'obbligo giuridico di impedire l'evento (ex art. 40, comma 2, c.p.), “non essendo esso sancito da alcuna norma di legge (Sez. 5, n. 13812 del 11/11/1999 - dep. 02/12/1999)”.
Infatti, è vero che di regola “la responsabilità per la realizzazione di opere abusive è configurabile anche nei confronti del nudo proprietario che ha la disponibilità dell'immobile ed un concreto interesse all'esecuzione dei lavori, se egli non allega circostanze utili a dimostrare che si tratti di interventi realizzati da terzi a sua insaputa e senza la sua volontà (Sez. 3, n. 39400 del 21/03/2013 - dep. 24/09/2013)”, ma la Corte di Appello non ha motivato e argomentato adeguatamente in merito “alle ragioni per le quali fosse ipotizzabile un concorso (colposo o doloso) della ricorrente nel reato, doloso, previsto dall'art. 181, comma 1-bis, d. Igs. n. 42/2004”.
Conclusioni. Ai fini della responsabilità per il delitto di cui all'art. 181, comma 1 e 1-bis, D.lgs 42/2004 non è sufficiente rivestire la qualità di nudo proprietario, ma è necessario che venga dimostrato che esso abbia sia la disponibilità del bene, sia un concreto interesse all'esecuzione delle opere abusive. Pertanto, il nudo proprietario, come nel caso in esame, può evitare la condanna dimostrando di non aver voluto (e avuto conoscenza) le opere realizzate.




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