giovedì 25 febbraio 2016

Un nuovo business per i condomini. Le antenne per la telefonia mobile di nuova generazione Fonte www.condominioweb.com

Si riaccende l'attenzione sul tema dell'installazione dei ripetitori sulle terrazze condominiali.
Parti comuni inutilizzate e uso “economico” In ambito condominiale esistono – o possono esistere – locali o, in genere, parti comuni, suscettibili di godimento separato per ragioni strutturali e di destinazione, oppure privi di una specifica destinazione, o, ancora, idonei ai più vari impieghi, ma che restano inutilizzati. Si pensi all'appartamento destinato a portineria – soprattutto negli edifici condominiali delle grandi città –, rimasto poi vuoto a seguito della soppressione del servizio di portierato, all'esistenza di un sottoscala mai utilizzato, oppure ai lastrici solari, da adibire a stenditoi, o sui quali installare antenne centralizzate o individuali. Nell'ipotesi in cui detto bene non venga utilizzato da tutti i condomini o nella diversa eventualità in cui tutti i proprietari ne rinuncino all'uso, è allora possibile che la collettività condominiale ne stabilisca un uso economico. La fattispecie cui ci si riferisce è la cessione a terzi del diritto di godere della parte comune a fronte di un determinato corrispettivo: generalmente, infatti, la locazione consegue al mancato utilizzo del bene comune.

Le SRB di nuova generazione. Tra le questioni di maggior rilievo che, a tale riguardo, si possono porre vi è la decisione di uno o più condomini di installare su una parte comune un impianto di telecomunicazione, al fine di trarre un reddito aggiuntivo dal canone mensile convenuto con gli operatori. Sebbene le aziende telefoniche si affrettino ad assicurare che la trasmissione delle onde avviene da ponte a ponte, cioè da un'estremità all'altra delle antenne e non coinvolga dunque le abitazioni che si trovano sotto il livello di emissione, l'elevata concentrazione di antenne, ripetitori, stazioni radio base (SRB) nelle nostre città genera inevitabilmente una situazione di allerta per gli abitanti. Peraltro, l'introduzione del 4G, ossia della banda ultralarga, sta nuovamente riportando l'attenzione sul tema dell'installazione dei ripetitori sulle terrazze condominiali e sul potenziale inquinamento elettromagnetico che ne può derivare. In estrema sintesi, si rileva che il 4G, ossia Quarta Generazione, si pone come la più recente generazione tecnologica per la trasmissione dei dati sulle reti cellulari; si parla invero anche di LTE (Long Term Evolution), che è, in realtà, una delle possibili varietà del 4G – o, più precisamente una soluzione di transizione verso il 4G –, ma che, per la sua elevata affidabilità e anche per questioni legate alla definizione degli standard per le telecomunicazioni, ha finito per diventare la soluzione più rilevante del 4G (a svantaggio di altre tecnologie, quali il WIMAX). Con l'arrivo della nuova tecnologia LTE, gli operatori telefonici hanno dunque la necessità di adottare infrastrutture adeguate, o con nuove installazioni o, più certamente, adeguando gli impianti e i componenti delle SRB già esistenti. Tali interventi impattano evidentemente su un ulteriore aspetto, ai nostri fini rilevante: la gestione dei rapporti contrattuali con i locatori. Non appare infatti ancora chiaro se si procederà ad una rinegoziazione delle condizioni contrattuali già stabilite per l'installazione originaria, o se i gestori intendano piuttosto stipulare nuovi contratti.
Ma con quali maggioranze? Il potere di decidere su tali materie spetta evidentemente all'organo assembleare, che potrà o meno deliberare che l'amministratore condominiale conceda in locazione la parte comune dell'edificio allo stato inutilizzato. Chi intenda concedere in locazione spazi condominiali per l'installazione di antenne di telefonia mobile dovrebbe ad ogni modo valutare attentamente gli aspetti tecnici e legali – facendosi eventualmente assistere dai professionisti dei rispettivi settori. Nella redazione del contratto di locazione, in particolare, si dovrebbe così porre attenzione all'esatta specificazione degli spazi che si intendono locare, al fine di non ritrovarsi qualche struttura nella propria unità abitativa; all'inserimento dell'espresso divieto di sublocazione – prassi adottata da alcuni gestori; come pure alla determinazione di una durata del contratto di locazione non superiore ai nove anni. Si rammenta al riguardo che, per pacifico orientamento giurisprudenziale, è sufficiente il voto della maggioranza dei condomini qualora la durata del contratto non superi i nove anni; occorre invece, a pena di nullità, il voto unanime dei condomini nell'ipotesi di locazione ultranovennale. In realtà, l'individuazione della maggioranza necessaria, in sede di delibera assembleare, per approvare detta installazione si pone ancora come uno degli aspetti più problematici: la legge di riforma della materia condominiale (l. 11 dicembre 2012, n. 220) ha omesso di occuparsene, pur avendo espressamente disciplinato la fattispecie degli impianti fotovoltaici su spazi condominiali, assimilabile per certi versi a quella in questione.
in relazione alle differenti ipotesi previste per concedere in locazione una parte comune, si pongono in evidenza le seguenti regole:
– per la locazione delle parti comuni, quali ad esempio i locali dell'ex portierato o la centrale termica, o la facciata o il tetto ai fini pubblicitari, con contratto infranovennale – trattandosi di un atto di ordinaria amministrazione –, occorre l'intervento di tanti condomini che rappresentino i due terzi del valore dell'intero edificio e la maggioranza dei partecipanti al condominio, per la validità della costituzione dell'assemblea, e un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio, per la validità del deliberato, in prima convocazione; in seconda convocazione si richiede, invece, l'intervento di un numero di condomini pari a un terzo del valore dell'edificio e a un terzo dei partecipanti, per la validità della costituzione dell'assemblea, e una maggioranza degli intervenuti con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell'edificio, per la validità del deliberato (art. 1136, commi 1-3, c.c.);
– per la locazione delle parti comuni, con contratto di durata superiore a nove anni, sono necessari, in prima convocazione, i due terzi del valore dell'edificio e la maggioranza dei partecipanti al condominio, per la validità della costituzione dell'assemblea e l'unanimità dei consensi di tutti i partecipanti al condominio, per la validità del deliberato; in seconda convocazione, si richiede un terzo del valore dell'edificio e un terzo dei partecipanti, per la validità della costituzione dell'assemblea e l'unanimità dei consensi di tutti i partecipanti al condominio, per la validità del deliberato (artt. 1108, comma 3, e 1139 c.c.).

La giurisprudenza, sia di legittimità che di merito (in particolare, Trib. Milano, 23 ottobre 2002, n. 12663; Trib. Genova, 12 aprile 2006, n. 1385) si è, dal canto suo, frequentemente espressa sulla necessità del consenso unanime: in particolare,Trib. Milano, n. 12663/2002 ha considerato l'installazione di «un impianto di dimensioni rilevanti nella parte sopraelevata dell'edificio» quale innovazione vietata ex art. 1120, comma 4 (già 2). Detto impianto, a giudizio del Tribunale, «avrebbe comportato una indubbia disarmonia e di conseguenza un'alterazione al decoro architettonico, avendo [peraltro] l'edificio particolare pregio in quanto progettato da un noto architetto»; e in ragione del fatto che parte del lastrico solare sarebbe stato occupato dall'impianto in questione, «ne sarebbe altresì derivato un pregiudizio non tollerabile, in quanto non temporaneo (tale installazione sarebbe durata per nove anni), né saltuario».
In Trib. Genova, n. 1385/2006, si è inoltre rilevato che «L'assemblea condominiale ha […] la possibilità di concedere, anche a terzi il godimento di beni comuni, realizzando quindi per i condomini una forma di “godimento indiretto” derivante dalla percezione del relativo canone: tale possibilità tuttavia è subordinata all'impossibilità dell'uso diretto, anche in via ternaria del bene comune (Cass. n. 10446 del 21 ottobre 1998). Con la delibera impugnata è stata assunta a maggioranza la decisione di locare una porzione del lastrico solare […] certamente un bene comune, ai sensi dell'art. 1117 cod. civ., ma altresì suscettibile, nel caso di specie, di godimento diretto da parte dei singoli condomini. Come accertato a seguito della CTU […], “il tipo di pavimentazione scelto (piastrelle, in luogo del manto di catrame), la presenza della ringhiera (riscontrabile in altri edifici coevi e associata alla calpestabilità della terrazza, l'accesso diretto dal vano scale tramite porta di dimensioni regolari, consentono di ritenere che la destinazione, principale del lastrico fosse anche quella di terrazzo”, (cfr. sentenza citata) destinato pertanto, in via principale alla fruizione diretta. Manca pertanto, in relazione al bene in oggetto, il presupposto richiesto perché sorga il potere assembleare di statuire forme di godimento indiretto del bene».
Anche il Tribunale di Genova ha poi giudicato l'installazione in questione quale innovazione vietata – con conseguente annullabilità di una delibera approvata a mera maggioranza; «né vale sul punto obiettare – ha specificato il giudice – che oggetto della delibera è solo la stipula del contratto di locazione e non già l'installazione dell'opera: è evidente infatti che il contratto di locazione è l'oggetto immediato della delibera, il cui oggetto mediato è, pacificamente, il consenso all'installazione dell'opera cui la locazione è finalizzata».

Fonte http://www.condominioweb.com/un-nuovo-business-per-i-condomini-le-antenne-per-telefonia.12460#ixzz41BaJNVdJ
www.condominioweb.com 

Nessun commento:

Posta un commento