venerdì 16 gennaio 2015

Chi sceglie il consulente tecnico di parte?

Nel condominio in cui abito, un nostro vicino ha impugnato una deliberazione riguardante l'approvazione del rendiconto, deducendo che alcune spese poste a carico di tutti devono, invece, essere sostenute solamente da un gruppo di condomini.
Il giudice, in corso di causa, ha nominato un CTU per valutare le prove; il nostro amministratore s'è fatto affiancare da un consulente tecnico di parte ed adesso ci chiede le quote per pagargli il compenso.
È giusto che la scelta del nostro consulente sia stata operata dall'amministratore? Ed è giusto che le spese per l'onorario del consulente siano ripartite in base ai millesimi di proprietà?
Questa la situazione e le domande esposteci da un nostro lettore: il caso in sé non toglie la valenza generale alle considerazioni che andremo a fare in merito al poter di affidamento dell'incarico al consulente di parte.
Impugnazione delle delibere condominiali
La giurisprudenza ormai da anni è orientata nel senso di affermare che "spetta all'amministratore del condominio in via esclusiva la legittimazione passiva a resistere nei giudizi promossi dai condomini per l'annullamento delle delibere assembleari (Cass. 12379/92; Cass. 12204/97; Cass. 13331/2000) con la conseguenza che, nei casi in cui egli può resistere in giudizio, è anche legittimato a proporre impugnazione, nel caso di soccombenza del condominio da lui rappresentato, senza necessità di alcuna autorizzazione da parte dell'assemblea (Cass. 7474/97; Cass. 3773/2001)" (Cass. 20 aprile 2005 n. 8286).
Si badi: la legittimazione a resistere in giudizio non coinvolge anche autonomia decisionale in sede di tentativo di conciliazione, rispetto al quale è prevista un'articolata disciplina deliberativa che rende l'amministratore un mero nuncius della volontà assembleare.
Rispetto alla causa, però, se l'assemblea non ha deciso nulla (es. nomina legale e simili), l'amministratore ha pieno potere (meglio dovere) d'agire in quanto.
La motivazione è semplice: la legittimazione attiva e passiva dell'amministratore di condominio non necessita di autorizzazione assembleare nelle materie di sua competenza. Siccome il mandatario della compagine è tenuto ad eseguire le delibere assembleari, egli deve fare tutto ciò che è necessario ad adempiere, ivi compresa la resistenza nelle cause aventi ad oggetto la validità delle delibere medesime. Unica eccezione: quella delle delibere palesemente contrarie alla legge, la cui esecuzione potrebbe portare responsabilità civili e penali per l'amministratore stesso.
In tale contesto di fatto e di diritto, pertanto, non sussistono dubbi in merito alla possibilità, per l'amministratore non solo di nominare un legale che assuma la difesa del condominio, ma anche quella di affidare l'incarico di consulente tecnico di parte ad un professionista da lui stesso individuato.
Sebbene la nomina del consulente di parte non sia obbligatoria è comunque consigliabile al fine di cooperare con il CTU nell'espletamento del suo incarico.
In casi del genere l'assemblea può contestare la scelta di quel professionista, eventualmente revocandolo, ma non può decidere di non pagarlo perché l'ha scelto l'amministratore. Se si ravvedono responsabilità del mandatario rispetto alla scelta (così detta culpa in eligendo) queste dovranno essere fatte valere in separato giudizio.
Il compenso del consulente, infine, dev'essere ripartito tra tutti i condomini (ad eccezione di quello impugnante) sulla base dei millesimi di proprietà (criterio generale di ripartizione delle spese), salvo diverso accordo.


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