giovedì 24 aprile 2014

Tettoia da demolire se a meno di tre metri dalla finestra!!!

Riportiamo un articolo dal sito condominioweb.com
"Il diritto di veduta previsto e disciplinato dall'art. 907 c.c. ha carattere assoluto sicché il proprietario della finestra ha diritto di chiedere in ogni caso l'eliminazione delle opere posizionate a distanza inferiore di tre metri. (nella specie trattasi di una tettoia)
Questa la conclusione cui è giunta la Corte di Cassazione con la sentenza n. 7269 depositata in cancelleria il 27 marzo 2014.
Diritto di veduta e distanze delle costruzioni
Dei risvolti pratici dell'esistenza di questo diritto se ne occupa, s'è detto, l'art. 907 c.c. a mente del quale:
Quando si è acquistato il diritto di avere vedute dirette verso il fondo vicino, il proprietario di questo non può fabbricare a distanza minore di tre metri, misurata a norma dell'art. 905.
Se la veduta diretta forma anche veduta obliqua, la distanza di tre metri deve pure osservarsi dai lati della finestra da cui la veduta obliqua si esercita.
Se si vuole appoggiare la nuova costruzione al muro in cui sono le dette vedute dirette od oblique, essa deve arrestarsi almeno a tre metri sotto la loro soglia.
Il diritto di veduta si sostanzia in una vera e propria servitù che può acquistarsi per contratto e vista la sua apparenza (costituita dall'affaccio) anche per usucapione e destinazione del padre di famiglia (artt. 1061-1062 c.c.). Se la tettoia limita il diritto di veduta del proprietario del piano superiore, il giudice può ordinarne la rimozione
Il titolare del diritto, quindi, può agire giudizialmente per ottenere la rimozione delle opere realizzate in spregio a quando disposto dall'art. 907 c.c. E' evidente che l'accettazione e/o la preventiva autorizzazione espressa dell'opera fanno venir meno il diritto di agire per la sua rimozione.
Ciò che conta, però, nel caso di violazione delle distanze ai sensi dell'art. 907 c.c. è solamente la violazione delle distanze medesime.
E' questa la soluzione cui è giunta la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza in esame. Nel caso di specie il convenuto in giudizio, poi ricorrente in Cassazione, lamentava l'illegittimità della decisione impugnata e ne chiedeva l'annullamento. (Distanza tra edifici. Si deve calcolare anche il balcone?)
Gli ermellini non sono stati d'accordo in quanto a loro modo di vedere, in relazione allo specifico caso la costruzione non rientrava nei casi indicati dal convenuto stesso (con corredata citazione di giurisprudenza di legittimità) e la questione doveva essere risolta applicando il principio di diritto (frutto di altro consolidato orientamento di legittimità) che recita: “l'art. 907 cod. civ., che vieta di costruire a distanza inferiore di tre metri dalle vedute dirette aperte sulla costruzione del fondo finitimo, pone un divieto assoluto, la cui violazione si realizza in forza del mero fatto che la costruzione è a distanza inferiore a quella stabilita, a prescindere da ogni valutazione in concreto se essa sia o meno idonea ad impedire o ad ostacolare l'esercizio della veduta (v., in precedenza, Cass. n. 11199 del 2000; Cass. n. 12299 del 1997); la norma infatti enuclea in favore del titolare della veduta un diritto perfetto al rispetto della distanza legale da parte della costruzione del vicino, senza introdurre ulteriori condizioni […]” (Cass. 27 marzo 2014 n. 7269)"

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