martedì 4 agosto 2015

Muro di recinzione (fonte: www.condominioweb.com)

L'art. 841 c.c. afferma che il proprietario di un fondo (urbano o agricolo è indifferente) può chiuderlo in qualunque tempo.
La chiusura del fondo, aggiungiamo noi, dev'essere fatta tenendo presente l'eventuale esistenza di diritti di servitù di passaggio ed in generale di tutto quei diritti reali su cosa altrui che possano andare a confliggere con la chiusura medesima.
In tal senso è chiarissimo il primo comma dell'art. 1067 c.c. a mente del quale “il proprietario del fondo dominante non può fare innovazioni che rendano più gravosa la condizione del fondo servente”.
Si badi: l'esistenza, ad esempio, di una servitù di passaggio non è di per sé sola causa ostativa alla chiusura del fondo in quanto tale opera può essere fatta consentendo comunque il passaggio del titolare della servitù.
Ipotesi di scuola è quella dell'apposizione di un cancello: in tal caso il diritto di servitù è salvaguardato dalla consegna della chiavi e del telecomando per l'apertura a distanza in caso di esistenza di un meccanismo di automazione dell'apertura stessa.
Chiariti questi aspetti, è utile domandarsi quali siano le norme che bisogna rispettare nel caso in cui si decidesse di recingere il proprio fondo.
Partiamo dalla normativa dettata in materia di distanze. Norma di riferimento è l'art. 878 c.c. rubricato muro di cinta, che al primo comma recita:
Il muro di cinta e ogni altro muro isolato che non abbia un'altezza superiore ai tre metri non è considerato per il computo della distanza indicata dall'art. 873.
Esso, quando è posto sul confine, può essere reso comune anche a scopo d'appoggio, purché non preesista al di là un edificio a distanza inferiore ai tre metri.
Prima considerazione: ai fini del computo dell'altezza si deve considerare la struttura muraria e non le eventuali reti in esso inserite.
Se l'altezza supera i tre metri, il muro dev'essere considerato una costruzione e quindi resta assoggettato alla normativa dettata in materia di distanze dall'art. 873 c.c. e da quelle contenute nei regolamenti edilizi locali.
La realizzazione del muro di confine che non superi i tre metri è soggetta alla segnalazione certificata di inizio attività o al permesso di costruire?
Al riguardo, nel luglio del 2014, il Consiglio di Stato ha avuto modo di affermare che in passato s'era soliti affermare che “la realizzazione di muri di cinta di altezza inferiore a tre metri (articolo 878 del Codice civile) sarebbe in ogni caso assoggettabile al solo regime della denuncia di inizio di attività di cui all'articolo 22 e, in seguito, al regime della segnalazione certificata di inizio di attività di cui al nuovo articolo 19 della l. n. 241 del 1990(in tal senso: Cons. Stato, IV, 3 maggio 2011, n. 2621); tuttavia, proseguono i Giudici di Palazzo Spada, la situazione non è poi così netta.
A loro modo di vedere, infatti, non basta l'altezza a determinare il titolo abilitativo, ma è necessario guardare alla reale conformazione ed incidenza del manufatto sicché “appare necessario il permesso di costruire nelle ipotesi in cui il singolo intervento determini un'incidenza sull'assetto complessivo del territorio di entità ed impatto tali da produrre un'apprezzabile trasformazione urbanistica o edilizia” (C.d.S. 4 luglio 2014 n. 3408).
Come dire: se si tratti di SCIA o di permesso di costruire lo si deve valutare caso per caso.



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